Santa Scorese è una ragazza vivace, dalla forte vocazione religiosa, che vive a Bari negli anni 80. Poco più che maggiorenne sogna di diventare missionaria, frequenta assiduamente la Chiesa, affida i suoi pensieri a un diario e a una famiglia che la segue e l’asseconda affettuosa. Fin quando la sua vita si trasforma in un incubo, per colpa della morbosa attenzione di uno sconosciuto che non smetterà di seguirla e perseguitarla. Il 15 marzo 1991, al rientro a casa, Santa viene accoltellata e muore ad appena 23 anni.
Fare un film sul drammatico fenomeno dello stalking non è mai impresa facile. Ne abbiamo avuto esempi di fiction, come The Stalker di Giorgio Amato, ma la realtà è sempre più impressionante e spaventosa della finzione.
Alessandro Piva sceglie con coraggio la via del documentario e, dedicando il suo prezioso e importante film a “Coloro che sopravvivono”, sceglie di intervistare proprio loro, i superstiti della tragica morte di Santa Scorese. Sua madre, suo padre, la sorella Rosa Maria, le guide spirituali, le amiche, i parenti, tutti coloro che gravitavano attorno a Santa e rimanevano per loro stessa dichiarazione sorpresi e “contagiati” dal suo entusiasmo. Aveva intrapreso un cammino religioso di cui era molto convinta, come racconta la voce funzionale e dolcissima di Federica Torchetti che ne restituisce tutto l’afflato e l’intensità.
Di colpo si ritrovò a vivere braccata da un uomo incrociato per caso negli ambienti parrocchiali: le sue denunce non servivano a nulla – ci vorranno ancora 18 anni prima dell’istituzione del reato di stalking -, la rabbia e l’impotenza crescevano senza però impedire all’inaccettabile di accadere. Tra femminicidio e martirio, l’imperdibile documentario di Piva racconta la storia di una morte annunciata che forse, fa pensare il film, le istituzioni avrebbero potuto evitare. Avrebbero dovuto evitare.
Fonte: Comune di Albano Laziale