Piacenza città, colline e castelli: storie nascoste tra cortili silenziosi, sentieri che salgono piano e torri che sbucano dove meno te lo aspetti. Sette luoghi insoliti, scelti senza fretta, da vedere almeno una volta se cerchi la vera anima di queste terre.

Capita spesso di passare da Piacenza, magari per lavoro, magari in treno, senza davvero fermarsi. Una città che sembra sussurrare più che parlare, con quei portici che nascondono botteghe storiche e caffè d’altri tempi, strade di ciottoli che si svegliano solo nel tardo pomeriggio. Piacenza segreta non è una formula, ma quasi un modo di camminare: occhi bassi a seguire le linee delle case, poi su, verso le colline che iniziano quasi subito dopo le ultime vie del centro.
C’è un ritmo qui che non ha nulla di frenetico. Si sente nell’aria fresca di fine ottobre, quando la nebbia arriva a velare i lampioni, o nei profumi di focaccia calda la mattina presto, proprio accanto al mercato. Ogni tanto una bicicletta sferraglia sul pavé, e ci si ricorda che questa è una città che ha tempo. Tempo per chi si ferma a guardare, per chi cerca qualcosa che non si vede nelle guide classiche. Perdersi, in fondo, qui è quasi naturale. E forse è il modo migliore per scoprire questi sette angoli.
Sotto i portici di Piazza Cavalli: la vera vita di Piacenza segreta
La prima tappa è anche la più semplice da trovare, ma raramente la si guarda davvero. Piazza Cavalli, col suo doppio portico, sembra sempre in movimento eppure basta mettersi di lato, vicino ai gradini del Palazzo Gotico, per sentire la città cambiare passo. Qui si mischiano voci basse, studenti che aspettano il bus, signore con la sporta della spesa. Il suono è quello tipico del nord, ma i volti raccontano storie antiche. La mattina, poco dopo le otto, arriva ancora un profumo di caffè che esce dai bar.

Una curiosità: sotto i portici, nascosta quasi da una colonna, c’è ancora una piccola targa dedicata a un tipografo che stampava manifesti rivoluzionari. Pochi la notano, nessuno si ferma. Ogni tanto passa una scolaresca. Nessuno alza lo sguardo. Basta aspettare che la piazza si svuoti per sentire anche solo il rintocco leggero dell’orologio.
Verso il Guado di Sigerico, tra nebbia e fiume
A pochi minuti dal centro, quasi in linea retta, la città lascia spazio a un’altra dimensione. Il Guado di Sigerico è uno di quei posti dove la nebbia ha davvero un ruolo da protagonista. Qui il fiume Trebbia e il Po si sfiorano, e basta attraversare il vecchio ponte della ferrovia per ritrovarsi in una dimensione sospesa. I camminatori più attenti seguono l’antica Via Francigena, ma sono in pochi a scendere davvero verso l’acqua, magari di prima mattina.
Ci sono giorni in cui il fiume si ritira e si formano piccoli isolotti di ghiaia, dove si vedono ancora le tracce di antichi passaggi. Si respira odore di legna umida, qualche volta un trattore lontano, galline che razzolano nelle corti vicine. Un posto dove il tempo non si misura, ma si osserva: ogni stagione cambia la luce, ogni pioggia disegna un paesaggio nuovo.
Un vicolo che sale: Borgo Faxhall a Piacenza
Non lo cercano quasi mai i turisti, eppure il Borgo Faxhall ha ancora quel carattere un po’ ruvido di chi non vuole essere scoperto. È un intreccio di case basse, cortili con vasi storti e biciclette legate a ringhiere arrugginite. Salendo, si sente il rumore delle saracinesche la mattina, il profumo di bucato steso (già dalla primavera).
Ci si arriva senza accorgersene: dal centro, basta seguire la strada che porta verso la vecchia stazione. Lì vicino, ogni tanto, qualcuno ancora ripara sedie o aggiusta una radio. Scene che sembrano ferme, e invece vanno avanti ogni giorno. Se piove, tutto si restringe: acqua che scorre lungo i marciapiedi, il silenzio rotto solo da qualche passante con l’ombrello che si chiude in fretta.
I colli dietro Sant’Antonino: sentieri e silenzi
Appena oltre la città, basta poco per lasciarsi alle spalle il rumore. I colli piacentini iniziano quasi subito, una linea morbida che si alza dietro la basilica di Sant’Antonino. Qui i sentieri partono stretti, poi si allargano tra vigne e filari di alberi (già a maggio l’aria cambia, profuma di terra bagnata e prati tagliati di fresco).
Ci sono angoli dove non passa mai nessuno. Solo qualche podista la mattina presto, oppure gruppi di amici che fanno pic-nic improvvisati la domenica. Si vedono le torri dei castelli da lontano, a volte solo come una macchia scura tra il verde. Se capita di fermarsi sotto una quercia, il rumore della città sembra già lontano. Ecco, qui basta una borraccia e una coperta leggera.
Un castello da fiaba a Piacenza: Grazzano Visconti
Poco fuori Piacenza, c’è un luogo che sembra fatto apposta per chi cerca atmosfere fuori dal tempo. Grazzano Visconti è un castello con il suo piccolo borgo, una scenografia perfetta per foto e passeggiate lente. D’autunno, le foglie rosse coprono i cortili, mentre la nebbia sale dal fossato la mattina presto (sì, a volte sembra proprio di entrare in una fiaba).
Dentro, si trovano botteghe artigiane, un museo curioso e qualche angolo ancora poco frequentato. I bambini corrono nel parco, qualcuno si ferma sotto la torre per un panino, altri si perdono tra i labirinti di siepi. Eppure basta spostarsi appena fuori dal circuito più turistico per trovare la calma, magari seduti su una panchina che guarda i campi appena arati.
Fonti e lavatoi nascosti
Ogni città di pianura ha i suoi piccoli misteri, Piacenza non fa eccezione. Dietro alcuni palazzi, specie nella zona tra via Taverna e via Campagna, si nascondono ancora vecchi lavatoi e fonti d’acqua, usati fino a pochi decenni fa. Alcuni sono recintati, altri accessibili solo a chi sa dove guardare. D’estate, il fresco è piacevole, il suono dell’acqua copre i rumori della città.
Ogni tanto qualcuno si ferma, tocca l’acqua con la mano. Ricorda i tempi delle nonne, i racconti di chi lavava lenzuola grandi come vele, chi si fermava per scambiare due parole. Oggi sono quasi solo angoli dimenticati, ma ancora vivi per chi sa cercare.
La torre che non ti aspetti: Rivalta
L’ultima tappa non è in città, ma nemmeno troppo lontano. Il Castello di Rivalta si raggiunge con una strada che attraversa campi e filari di pioppi. Arrivarci in bici, magari in primavera, è una piccola avventura. La torre sbuca tra gli alberi all’improvviso, come nei disegni dei libri per ragazzi.
Si sente odore di legna nei camini (ancora accesi ad aprile), galline che razzolano nei cortili, un silenzio che non si trova più quasi da nessuna parte. Qualche turista arriva la domenica, altri preferiscono le ore strane, magari verso sera. Sotto la torre, a volte si incontra chi legge, chi osserva il fiume che scorre lento. Basta poco per sentirsi fuori dal tempo. Forse, alla fine, è solo questo che serve davvero.



